Guardiamo il dito o la luna? Immagine presa da www.miriamviola.it |
La connessione tra responsabilità sociale, competitività, crescita ed innovazione risulta a tutt’oggi vaga e non dimostrata, il suo impatto difficilmente rintracciabile. La stragrande maggioranza delle attività di CSR non è concepita dalle imprese infatti come asset strategico e strutturale, ma per ottenere una “license to operate”, un credito reputazionale, un posizionamento d’immagine.
Va ribaltata la tradizionale visione che in questi ultimi decenni ha fatto scaturire una concezione di CSR preoccupata esclusivamente di trovare forme di conciliazione tra esigenze di profitto ed esigenze di contenimento delle ripercussioni sociali. L’ecosistema aziendale va finalmente visto come un luogo di accumulazione di conoscenze assolutamente imprescindibili per un successo di lungo periodo dei progetti di business.
Gli stakeholder non possono più restare confinati nel ruolo di destinatari di una quota del valore sociale prodotto dall'impresa, ma vanno intesi come decisivi alleati delle "politiche di generazione del valore". L’impresa che coniuga sostenibilità e competitività è innanzitutto quella capace di ripensare le proprie logiche di business attivando intensi processi di generazione e condivisione sociale della conoscenza.
Per far questo occorre stimolare il management ad innovarsi attraverso un nuovo concetto di impresa parallelo al vero significato di CSR: se dapprima il rapporto tra bene fornito e richiedente/destinatario era univoco e la “deturpabilità” dell’ecosistema era totalmente a carico dell’azienda, oggi si passa alla “deturpabilità” condivisa. Bisogna invece che si passi in un futuro il più possibile prossimo a concepire l’azienda come al centro di “costellazioni di valore”, attraverso le quali, assieme agli stakeholder, trovare il modello di business migliore per combinare le risorse presenti nell'ecosistema in cui si vive in maniera profittevole e sostenibile per le generazioni presenti e future.
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